Negli ultimi anni, le applicazioni hanno conquistato ogni segmento di mercato. Augmented Eternity rappresenta un unicum nel mondo digitale. Si tratta di un’applicazione potenzialmente utile dopo la propria morte o da poter utilizzare anche mentre si è in vita.
Dietro a tutto ciò vi è Hossein Rahnama, imprenditore e ricercatore della Ryerson University di Toronto. Il concetto di Augmented Eternity è molto simile a quanto visto già su Black Mirror. L’app rende i defunti digitalmente immortali. Una vera e propria copia di un individuo basata su dati digitali che ogni giorno crea e mette sulla rete.
Sfruttando l’intelligenza artificiale, questi dati raccolti da Augmented Reality verrebbero rielaborati e gestiti in modo tale da creare una sorta di chatbot, assistente vocale, ologramma o un robot umanoide. In questo modo, il defunto potrebbe rimanere in qualche modo immortale.
Copie digitali accurate con Augmented Eternity
L’idea per sé può essere considerata sia affascinante che terrorizzante. Creare una copia digitale di noi stessi per poi essere rielaborata per i nostri cari, in modo tale da far sentire sempre la propria presenza è un’idea innovativa.
Ovviamente, Augmented Eternity riesce a creare copie più fedeli della personalità di un essere umano a patto che venga realizzato un elevato numero di dati. In quest’ottica, coloro che non sono nativi digitali risultano esclusi da Augmented Eternity. Invece, i millenial forniscono dati da molto tempo e lo faranno anche nei prossimi decenni. Creando gigabyte di dati quotidianamente, l’algoritmo di apprendimento automatico riesce a ricreare una copia digitale abbastanza fedele della personalità della persona.
Una delle più grandi sfide che Rahnama sta trovando sul suo percorso riguarda l’inclusione del contesto nel processo di analisi dell’intelligenza artificiale. Per risolvere ciò, Rahnama ha creato un’azienda, Flybits. Quest’ultima offre una piattaforma che permette alle compagnie di dialogare con la propria utenza in base al contesto.
Quali sono le potenzialità future e i problemi?
Con la creazione di un’identità digitale, Augmented Eternity apre la strada a potenziali soluzioni anche per coloro che sono ancora in vita. Professionisti potrebbero offrire i propri servizi senza dover necessariamente intervenire. Un chatbot evoluto potrebbe offrire servizi a potenziali clienti e distinguere il contesto.
Il progetto in sé, seppur complesso, rappresenta un importante passo in avanti in termini tecnologici. Dall’altro, però, si apre un potenziale problema etico. È giusto realizzare copie digitali di persone ancora in vita o mantenere copie di persone defunte? Tutto ciò come influirà sui familiari del de cuius? Domande ancora senza risposta.